Radiografie di territori

Le storie di Paolo Polloniato e Alessio Pellicoro sono vicinissime anche se distanti 900 km. Paolo è di Nove, cittadina veneta che vanta una grande tradizione ceramica. Terra bianca e tante fabbriche che nel corso degli anni sono iniziate a diminuire lasciando sul posto scheletri impregnati di storia.
Alessio nasce e vive a Taranto, città che l’industria siderurgica ha fortemente condizionato mentalmente, ecologicamente e urbanisticamente. Sia Paolo che Alessio conoscono bene il territorio d’appartenenza, lo sentono loro, è in parte anche loro. Si interrogano su cosa sia il progresso e su quello che ha lasciato alla loro terra. Sentono il bisogno di documentare la storia, presente e passata, di lasciare una traccia per il futuro.
Paolo inizia giovanissimo, facendo graffiti. La tag POL comincia a comparire nelle periferie e sui muri di fabbriche dismesse della pianura veneta padana. Tra quei muri e Paolo ora c’è POL, ma quei muri non dividono, anzi diventano mezzo per affermare identità, presenza, storia.
Alessio cresce a Taranto e si avvicina alla fotografia intorno ai vent’anni. Cresciuto in una città costretta all’incertezza e al caos si accorge presto delle potenzialità della fotografia. La fotografia può documentare e può analizzare, può essere indagine e ricerca. È equilibrio. Nei suoi scatti le luci danno potere e forza alle ombre, facendone emergere l’anima e il carattere, privandole di quel lato oscuro che spaventa.
Entrambi studiano. POL all’Accademia di Belle arti di Venezia, Alessio allo IED (Istituto Europeo di Design) di Roma.
La loro sperimentazione si affina fino a diventare vera e propria identità.
Quando POL entra in contatto con la ceramica tutto si definisce e prende forma. POL smette di essere una tag sulle pareti di fabbriche e periferie abbandonate per diventare superficie da taggare.
In POL ci sono decori di scheletri che rivendicano la propria dignità. Ci sono stampi in gesso di fabbriche dismesse e scarti d’argilla di botteghe che resistono. Ci sono denuncia e speranza. C’è storia. Quella di POL che non può essere raccontata senza parlare di Nove e quella della ceramica di Nove, e non solo, che non può essere raccontata senza parlare di POL.

Alessio decide di raccontare Taranto in maniera approfondita nel 2017. Sa cosa vuole raccontare e come farlo. È tutto chiaro nella sua mente e diviene magistralmente evidente nei suoi scatti. Le foto de “L’altro deserto rosso” sono chiarezza e ordine in un territorio governato dal caos, sono radiografie attraverso cui analizzare e conoscere quella parte di Taranto che non si vuole vedere per paura o per sdegno. Perché Taranto è anche altro, ma se si osservano attentamente gli scatti di Alessio non possiamo che notare che quell’altro è presente e ricondotto ad una dimensione incredibilmente intima che non vuol dire rassegnazione ma speranza, presa di coscienza e conoscenza.