Nutrimento quotidiano

Ci sono fenomeni di massa che determinano cambiamenti, a volte stravolgimenti. Possono essere graduali e poco percepiti o improvvisi, diventando scossoni che modificano culture di intere città, regioni, nazioni.
Il lavoro di Gabriele Albergo e Silvia Naddeo parte da un’attenta osservazione della realtà e dei processi che i fenomeni di massa portano a usi e costumi dei luoghi.
Gabriele nasce in provincia di Lecce ed entra in contatto con la fotografia da piccolo, nello studio del padre. Ma della fotografia a Gabriele non gliene frega niente, almeno fino ai trent’anni; la musica hardcore e il punk sono la sua passione.
Silvia è romana di nascita e nella capitale frequenta l’Istituto d’Arte. Durante uno dei corsi scopre il mosaico e se ne appassiona così tanto da decidere di trasferirsi a Ravenna per seguire l’Accademia di Belle Arti e specializzarsi nel settore.

Gabriele ha vissuto personalmente gli stravolgimenti che hanno segnato la Puglia. Una regione divenuta moda, fatta di slogan e foto identiche da postare. Un luogo dove le tradizioni sono state travisate e le autenticità mercificate, dove basta aprire instagram per scoprire centinaia di fotografi che postano “identità” territoriali standardizzate. Gabriele ha qualcosa di diverso. Gli scatti di “Salento Death Valley” (nome della sua pagina instagram) sono umoristici, sporchi, punk ma soprattutto onesti. Osservandoli capiamo che la vera autenticità si nasconde dietro gli standard a cui ci stiamo abituando e che va ricercata altrove: nella spina della corrente appesa alle spalle della madonnina o abbandonata su una panchina assolata di periferia.

Per Silvia il cibo è cultura, storia. È attratta dal potere che ha il cibo nel generare tendenze ed è affascinata dai processi che li determinano. La sua ricerca è caratterizzata da opere che stimolano ricordi ma soprattutto invitano alla riflessione. Silvia utilizza un linguaggio pop, facilmente accessibile ma assolutamente non superficiale.
Con lei il mosaico, che siamo abituati a considerare superficie piatta, diventa scultura a 360 gradi. Non è un passato da rivivere nei musei ma presente da incrociare nelle nostre vite. È cibo ma non solo. È quotidianità. Puoi ritrovartelo aprendo il frigo di casa, al supermercato, in spiaggia adagiato su uno dei miliardi di cucchiaini di plastica abbandonati in mare.